Ritrovare il proprio senso nel mondo

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Viviamo in un’epoca strana. Ci offre così tanti stimoli, così tante opportunità di libertà e creatività, e allo stesso tempo sembra volerci beffardamente negare quelle stesse libertà e creatività.
Dall’evoluzione tecnologica ci provengono segnali straordinari, tali da offrire a ognuno di noi tutti gli strumenti espressivi e creativi possibili, inimmaginabili fino a ieri; in tutta la società occidentale il benessere si è diffuso, tanto che forse per la prima volta nel corso della storia umana, (almeno) una parte della popolazione mondiale può considerare i bisogni primari come sicuri, e permettersi di veicolare le proprie energie fisiche e mentali alla maturazione di sé e della società, alla costruzione di un orizzonte creativamente più complesso, capace di contemplare e completare anche le dimensioni più sottili e ricche di felicità e appagamento degli esseri umani.

Tecnologia e vita autentica

Questo, in teoria. La realtà è tutta un’altra cosa. Quello che ci viene dato si rivela infatti solo una mera illusione, e le possibilità di creatività mera teoria.
Quella tecnologia che ci illude di metterci a disposizione gli strumenti per liberarci da vecchi obblighi primari, diventa il nemico di ogni libertà: da mera necessità, il lavoro è diventata oggi l’unica dimensione esistente nella vita individuale e relazionale: rispetto a dieci anni fa, un’epoca che appare oggi lontanissima, lavoriamo il doppio per guadagnare (in proporzione) meno e consumare sempre di più; il costo della vita è centuplicato, il Benessere è un Titano che può distruggerci in ogni istante, se non posiamo ai suoi piedi ogni giorno, con ossessiva ritualità, il tributo sempre più oneroso della merce. Il Tenore di Vita (e il suo compagno assetato, la Sicurezza Economica) è il Golem che ci ossessiona, ed esso è lo specchio su cui si riflettono (come in uno specchio espressionista) i giudizi che gli altri hanno di noi, che decretano il nostro ruolo sociale e plasmano la nostra maschera individuale.
Euforizzati (come sotto l’effetto di una specie di droga sintetica a effetto di massa) dalle possibilità che il mondo degli oggetti tecnologici ci offre (se paghiamo subito!), in realtà ci lasciamo travolgere dagli assurdi giochi del Grande Meccanismo: la tecnologia e il tempo non ci aiutano a liberarci dal modello che metteva in scena Charlie Chaplin in Tempi moderni: costretti a replicare azioni di cui ci sfugge il senso, ridotti a ingranaggi di un Grande Meccanismo che tutto sembra decidere e determinare, e che non ci lascia alcuna possibilità di intervento, di cambiamento autonomo, di libertà.
Certo, ci regala comfort, oggetti, oasi di divertimento, e anzi ci congela nei suoi globuli di intrattenimento, offrendoci (a pagamento) tutti i giocattoli tecnologici più impensabili ed euforici; ci intrattiene, ci distrae nelle mille incombenze, nelle mille urgenze, nelle micropriorità della sua quotidianità. Ma in cambio ci chiede tutto noi stessi, ci obbliga a indossare le maschere della rappresentazione, a rivestire finti ruoli sociali, a interpretare ruoli che sentiamo come falsi, inautentici, fino a far diventare quei ruoli reali, fino a far diventare quell’inautenticità la nostra vita, fino a farci identificare nelle maschere che indossiamo per sopravvivere.

L'insoddisfazione del desiderio inappagato

Ma resta l’insoddisfazione, spesso il senso di frustrazione legato a qualcosa che vorremmo realizzare per noi stessi, resta l’attesa di un appuntamento che è sempre rimandato. Gli oggetti di consumo ci appagano sempre meno e sempre più ci sentiamo soli in un mondo che ha perso ogni briciolo di umanità e che insegue modelli che sempre più inaridiscono i veri valori e annichiliscono ogni senso di vita relazionale, ogni desiderio di comunità. Vorremmo che le cose cambiassero, ma il Grande Meccanismo sembra non lasciarci spazi di autonomia, sembra aver già deciso come deve essere la nostra vita, non ci lascia libertà di movimento, vediamo che intorno a noi regna il deserto, che la marcia di questa assurda corsa è ingranata, e ci sembra che non ci sia altro da fare che rassegnarci, perché qualunque cosa pensiamo di fare, non avrà alcun esito, non riuscirà a scalfirne i rilucenti ingranaggi. Allora troviamo un compromesso tra ciò che il mondo è, come pensiamo di essere obbligati a essere nel mondo, e ciò che ci sentiamo di essere autenticamente. Ci riserviamo dei piccoli spazi in cui ritrovare noi stessi: questo è stato essenzialmente il significato di movimenti come la new age, che ci hanno portato a riscoprire noi stessi, a ricercare la nostra, interiore, autenticità.
Ma questo non è bastato. I guru ormai slavati della new age continuano a dirci che si sta avvicinando un’era di cambiamento, come se essa piovesse da qualche parte dal cielo, e intanto la rabbia e la frustrazione dilagano, scoppiano le guerre, e l’odio imperversa, negli eventi della storia e nella nostra quotidianità.
Allo stesso tempo sentiamo il bisogno di riscoprire l’autenticità: nel lavoro, nel rapporto con gli altri, nella quotidiana vita relazionale. Cerchiamo di affermarci, di trovare un ruolo, una “posizione” nella vita, ma scopriamo, se la raggiungiamo, che non ci appaga. Niente ci appaga.

Crea la tua realtà

Questo accade perché quel qualcosa di autentico che cerchiamo non esiste in una dimensione fuori di noi o dentro di noi: esiste nella realtà che è intorno a noi. L’autenticità che cerchiamo spetta a noi crearla, ogni giorno; è questa l’essenza della nostra libertà.
Allora non lasciamoci trascinare via, dalle correnti del Grande Meccanismo: creiamo una nuova realtà, per noi e per gli altri. Questo è il significato di creare la nostra realtà: creare liberamente questa autenticità, consapevoli che il punto è ritrovare il rapporto con gli altri, con la vita relazionale, senza lasciarsi trascinare dal Grande Meccanismo, perché non esiste, nel tempo, qualcosa di prestabilito, di dato, di predestinato, ma siamo noi, con i nostri pensieri e il nostro atteggiamento quotidiano, con la nostra libertà riconquistata, a creare il futuro.

L'AUTORE DEL POST STEVEN BAILEY

Steven Bailey, classe 1965, inizia il suo percorso di crescita individuale grazie al felice incontro con il pensiero positivo di Louise Hay, che unisce alla sua pratica ventennale di meditazione vipassana e di studi sul buddhismo tibetano. In cerca di metodi sempre più potenti ed efficaci di cambiamento personale ed evoluzione mentale, si dedica dapprima a studi di PNL poi, dopo un viaggio alle Hawaii e la lettura di Zero Limits di Joe Vitale, approfondisce e sperimenta la portentosa tecnica di Ho’oponopono. Per Area51 Publishing ha pubblicato Aloha! Tutto dipende da te, libro che raccoglie riflessioni ed esperienze di oltre vent’anni di vita e meditazioni, e Conoscere Ho’oponopono. Cura inoltre le serie di tecniche guidate “Respirazione” e “Transurfing”.

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